BIOGRAFIA
Secondo la tradizione, Confucio nacque nella città di Zou nello Stato di Lu (ora parte dell'odierna provincia di Shandong) il 29 settembre del 551 a.C., durante il Periodo delle primavere e degli autunni. In quest'epoca si situa anche l'inizio del movimento filosofico delle Cento scuole di pensiero.
Sempre secondo la biografia tradizionale, riportata da Sima Qian nelle sue Memorie di uno storico, il padre di Confucio, che apparteneva ad una famiglia nobile impoverita discendente dalla dinastia Shang, aveva sposato a sessantacinque anni, in seconde nozze, una fanciulla di quindici anni. Un matrimonio del genere, secondo le consuetudini dell'epoca, era da considerarsi un'unione illecita (yěhé 野合). Confucio perse il padre all'età di tre anni, e fu allevato dalla madre, che riuscì ad assicurargli un'istruzione anche se la famiglia viveva in povertà.
Non ci sono notizie certe sulla vita di Confucio. La sua ascesa sociale lo pone nell'ambito della classe emergente Shì (士), a metà tra la vecchia nobiltà e la gente comune, alla quale, come Confucio, appartenevano uomini di talento ma di origini modeste che cercavano di raggiungere una posizione elevata grazie alle proprie doti intellettuali. Egli stesso, riferiscono i Dialoghi, vantava le sue umili origini che lo avrebbero spinto a sviluppare le sue capacità.[2]. Molto della vita del filosofo è pervenuto dalla raccolta postuma dei "Detti di Confucio", redatta dai suoi discepoli attorno al 411 a.C. – 404 a.C., seppure la datazione della compilazione è tuttora discussa. In tale opera è esposto il pensiero filosofico – morale, così come si illustrano i precetti dettati dal maestro.
Infine, vari capitoli trattano della vita privata di Confucio. Si legge che dettò i suoi pensieri ai suoi discepoli molto avanti negl'anni (capitolo 7.5), che era moderato e parco (capitolo 7.16), che seguiva una vita molto appartata e modesta preferendo la campagna alla città (capitolo 7.19), che digiunava spesso e volentieri ((capitolo 7.13) e mangiava procacciandosi il cibo da sé e cucinandolo di persona (capitolo 7.27), che amava insegnare non ricevendo compenso ma unicamente qualche piccola offerta in natura (capitolo 7.29), che la scuola attirava molti adepti fino a diventare elitaria (capitolo 8.9) e molto additata ad esempio di educazione (capitoli 8.13 - 8.17), ma che al contempo dava fastidio ai potenti che emarginarono il maestro e la scuola perché davano fastidio (capitolo 9.2), tanto che dovettero fuggire ed il maestro stesso rischiò la vita (capitoli 9.5 e 11.23), che furono costretti a ripiegare su umili e miseri mestieri pur di vivere (capitoli 9.6 - 9.7), che vissero per un certo periodo in esilio fuori dalla Cina (capitolo 9.14), ma anche che la scuola divenne negl'ultimi tempi assai interessante per le autorità di diversi stati feudali in cui al tempo la Cina era suddivisa (capitolo 11.7) e che il maestro nell'ultima decade di vita divenne ambasciatore e rispettato uomo di corte (capitoli 10,2 - 10.4; capitoli 10.15 - 10.20), nonostante la morte del figlio Li (capitolo 11.8) e dell'allievo prediletto Yan Hui (capitoli 11.7 - 11.11) ed il tradimento dell'allievo Rau Qin (capitolo 11.17). Anche molti dei suoi allievi – vi si legge – fecero carriera sia durante la vita del maestro, che dopo la sua dipartita (capitoli 11.24 - 11.25). Secondo Mencio(370 a.C. – 289 a.C.), Confucio si sarebbe occupato dell'amministrazione di negozi e di pascoli e bestiame[3].
Probabilmente svolse compiti amministrativi per il governatore della provincia. Sima Qian, riferisce che dopo i cinquant'anni Confucio divenne ministro della giustizia del duca di Lu, ma fu in seguito costretto a dimettersi e ad andare in esilio. Iniziò quindi un lungo viaggio attraverso gli stati di Wei, Song, Chen, Cai, e Chu, cercando impiego presso i governanti come consigliere.[4].
Nei Dialoghi, Confucio si presenta come un "messaggero che nulla ha inventato"[5], il cui compito è quello di trasmettere la sapienza degli antichi. Grande importanza è data allo studio: il libro si apre proprio col carattere cinese che indica lo studio, xué (cinese semplificato: 学, cinese tradizionale: 學). Lungi dal tentare la costruzione di un sistema filosofico, Confucio invitava i suoi discepoli a riflettere profondamente su se stessi e sul mondo, approfondendo la conoscenza del passato da cui trarre insegnamento attraverso lo studio degli antichi testi.
In un periodo storico segnato dalle divisioni e da guerre sanguinose fra stati feudali, Confucio ripropose il concetto di Mandato del cielo (天命 pinyin: Tiānmìng) che avrebbe potuto riunificare la Cina e ridare finalmente pace e prosperità al popolo.[6]. Ma allo stesso tempo, l'interpretazione confuciana del Mandato del cielo era innovativa, poiché egli pensava ad un trono sul quale si sarebbero succeduti sovrani scelti sulla base della loro statura morale, non della parentela di sangue, capaci di diffondere la virtù fra il popolo senza il bisogno di leggi dure e restrittive.[7]
La concezione confuciana del jūnzi (君子), termine che prima di Confucio indicava la nobiltà di sangue, è piuttosto quella della nobiltà d'animo (spesso junzi è tradotto come uomo superiore), acquisita con la pratica delle virtù[8]. Il suo insegnamento, dunque, benché principalmente orientato alla formazione dei futuri uomini di potere, era aperto a tutti, non solo ai figli della nobiltà.
Sebbene in Cina i precetti di Confucio siano stati seguiti per secoli come una religione, si discute ancora se il Confucianesimo possa essere considerato una religione. I testi confuciani, infatti, non esprimono una concezione chiara della divinità, e trascurano molti aspetti della spiritualità, come la natura dell'anima.
I principi del Confucianesimo raccolsero un grande favore soprattutto perché si fondavano in larga parte sulla tradizione e le credenze già radicate nella tradizione cinese. Confucio esaltò infatti la lealtà familiare, il culto degli antenati, il rispetto degli anziani da parte dei giovani (e secondo interpretazioni posteriori, la sottomissione della moglie al marito), proponendo la famiglia come base di un governo ideale. Guardava al passato con nostalgia ed esortava i potenti ad ispirarsi agli antichi modelli di virtù.
Gli studiosi sono oggi molto cauti nell'attribuire a Confucio specifiche affermazioni, poiché non esistono testi che possano essere fatti risalire a lui con certezza. I principi del confucianesimo sono stati infatti elaborati nei secoli, in un corpus di scritti che si è andato creando ed accrescendo soprattutto nel periodo fra la sua morte e la fondazione dell'impero cinese nel 221 a.C.
Confucio ebbe molti discepoli e seguaci, in Cina e in Estremo Oriente.
I discepoli di Confucio e il suo unico nipote, Zisi, assicurarono continuità agli insegnamenti filosofici del maestro dopo la sua morte. Pur basandosi sul pensiero etico e politico confuciano, due dei suoi seguaci più celebri, Mencio (IV secolo a.C.) e Xun Zi (III secolo a.C.) ne enfatizzarono aspetti radicalmente diversi tra loro, anche sulla questione dell'autoritarismo.
Durante la dinastia Song, Zhu Xi (1130-1200) rinnovò il confucianesimo con idee mutuate dal taoismo e dal buddhismo. Il rinnovamento operato da Zhu Xi divenne in seguito un'ortodossia incontestata. Solo con l'avvento della Repubblica popolare cinese si è abolito l'insegnamento dei Quattro Libri e dei Cinque classici confuciani.
Nel 2010 è uscito il film scritto, prodotto e diretto da Hu Mei, con Chow Yun Fat nel ruolo del filosofo cinese.
TRAMA
Nella Cina del V secolo a.C., il maestro Confucio (Kong Qiu) viene invitato a corte dal sovrano della provincia di Lu. Infatti nella zona si verificano numerosi disordini a causa dell'ignoranza del popolo e dell'assenza totale di cultura.
Così Confucio inizia il suo lavoro e si dimostra un brillante insegnante e pensatore libero, ristabilendo l'ordine nella contea. Alla fine Confucio verrà elevato al grado di Capo Consigliere del Re, ma viene esiliato quasi subito da alcuni nemici del re. Al grande maestro cinese non resta che diffondere le sue dottrine altrove, ma non dimenticherà mai l'affetto per quel paese che lo ha ospitato.
FRASI CELEBRI DEL FILM
Fare ciò che è giusto è onorevole.
Chi ha vie diverse, non viaggia insieme.
Il benevolo ama gli uomini. Se uccidi, uccidi... anche se è tradizione.
Sostieni le parole con la forza.
Libera la mente.
Non serve un maestro, se sei diligente. Io ho imparato da solo.
La parola di un gentiluomo è parola d'oro.
Se dopo vuoi guadagnare, prima devi dare.
Da oggi in poi niente sarà più come prima.
Chi ha alti principi preferisce morire che venir meno ai valori in cui crede.
Contano solo vittoria o sconfitta a questo mondo.
Non fare a volte è meglio di fare.
Niente è più adattabile dell'acqua e non esiste in natura nulla di più forte.
La via del maestro è senza forma nè tempo, trascende l'umano oltre il mondo materiale. Ma la mia via è nel mondo degli uomini.
A differenza dei ricchi, non possiedo oro, posso darti soltanto parole.
Il discepolo è l'ombra del maestro.
Se un uomo non è capace di cambiare il mondo, allora deve cambiare se stesso.
La vera benevolenza è amore per l'umanità.
«Un gentiluomo è a suo agio con una bella donna. Qual è il significato di questo verso?». «Che anche di fronte a una bella donna, un gentiluomo osserva le regole dell'onore».
Dove c'è vero amore, non c'è malvagità.
«La natura umana è lussuriosa e avida e per questo è incline alla guerra. Se questa è la nostra natura, come sconfiggerla?». «È l'arduo compito di un vero gentiluomo».
Chi dall'inizio segue la retta via, non potrà perdersi.
Non c'è uomo che preferisca la virtù a una bellissima donna.
Forse taluni comprendono i tormenti del maestro, ma pochi comprendono quanto dolorosa sia la lotta contro se stesso.
Un gentiluomo deve studiare la poesia, i riti, l'etica e la musica.
In inverno soltanto gli alberi più forti resistono.
Il maestro dice che anche in punto di morte un gentiluomo non viene meno al suo decoro.
Se i posteri sapranno di me, sarà grazie a questi scritti... se non mi comprenderanno, sarà sempre grazie a questi scritti.
Un legno marcio non si può intagliare.
Un muro di letame non si può intonacare.
Nel 2010 è uscito il film scritto, prodotto e diretto da Hu Mei, con Chow Yun Fat nel ruolo del filosofo cinese.
TRAMA
Nella Cina del V secolo a.C., il maestro Confucio (Kong Qiu) viene invitato a corte dal sovrano della provincia di Lu. Infatti nella zona si verificano numerosi disordini a causa dell'ignoranza del popolo e dell'assenza totale di cultura.
Così Confucio inizia il suo lavoro e si dimostra un brillante insegnante e pensatore libero, ristabilendo l'ordine nella contea. Alla fine Confucio verrà elevato al grado di Capo Consigliere del Re, ma viene esiliato quasi subito da alcuni nemici del re. Al grande maestro cinese non resta che diffondere le sue dottrine altrove, ma non dimenticherà mai l'affetto per quel paese che lo ha ospitato.
FRASI CELEBRI DEL FILM
Fare ciò che è giusto è onorevole.
Chi ha vie diverse, non viaggia insieme.
Il benevolo ama gli uomini. Se uccidi, uccidi... anche se è tradizione.
Sostieni le parole con la forza.
Libera la mente.
Non serve un maestro, se sei diligente. Io ho imparato da solo.
La parola di un gentiluomo è parola d'oro.
Se dopo vuoi guadagnare, prima devi dare.
Da oggi in poi niente sarà più come prima.
Chi ha alti principi preferisce morire che venir meno ai valori in cui crede.
Contano solo vittoria o sconfitta a questo mondo.
Non fare a volte è meglio di fare.
Niente è più adattabile dell'acqua e non esiste in natura nulla di più forte.
La via del maestro è senza forma nè tempo, trascende l'umano oltre il mondo materiale. Ma la mia via è nel mondo degli uomini.
A differenza dei ricchi, non possiedo oro, posso darti soltanto parole.
Il discepolo è l'ombra del maestro.
Se un uomo non è capace di cambiare il mondo, allora deve cambiare se stesso.
La vera benevolenza è amore per l'umanità.
«Un gentiluomo è a suo agio con una bella donna. Qual è il significato di questo verso?». «Che anche di fronte a una bella donna, un gentiluomo osserva le regole dell'onore».
Dove c'è vero amore, non c'è malvagità.
«La natura umana è lussuriosa e avida e per questo è incline alla guerra. Se questa è la nostra natura, come sconfiggerla?». «È l'arduo compito di un vero gentiluomo».
Chi dall'inizio segue la retta via, non potrà perdersi.
Non c'è uomo che preferisca la virtù a una bellissima donna.
Forse taluni comprendono i tormenti del maestro, ma pochi comprendono quanto dolorosa sia la lotta contro se stesso.
Un gentiluomo deve studiare la poesia, i riti, l'etica e la musica.
In inverno soltanto gli alberi più forti resistono.
Il maestro dice che anche in punto di morte un gentiluomo non viene meno al suo decoro.
Se i posteri sapranno di me, sarà grazie a questi scritti... se non mi comprenderanno, sarà sempre grazie a questi scritti.
Un legno marcio non si può intagliare.
Un muro di letame non si può intonacare.
La perfezione non può essere un obiettivo, una meta.
La perfezione deve essere una tendenza, un anelito.
Cos'è la perfezione? Per un artista classicista, è l'equilibrio della forma. Per un artista contemporaneo, è l'imperfezione del gesto d'arte. Per uno scrittore, è il romanzo completo nello stile e nel contenuto. Per un poeta, è una poesia che emoziona. Per un musicista, è il suono di uno strumento o di una orchestra. Per un cantante, è l'acuto inimitabile.
Per l'uomo saggio, la perfezione non può che essere l'armonia. La ricerca della perfezione, la tendenza alla perfezione, non può che realizzarsi nell'armonia: tra il suo spirito e il suo corpo, tra il suo IO e gli altri, tra lui e la natura.
Armonia non significa ordine. L'uomo saggio non deve tendere all'ordine, quello è compito dei politici (anzi, dei politicanti): le dittature erano l'impero dell'ordine, eppure non vi era in esse un briciolo di armonia. Stesso dicasi per le liberaldemocrazie capitaliste: ordinate e disarmoniche.
L'armonia è in un gesto, in un suono, in un respiro, in un bacio, in un pranzo, in un soffio di vento, in uno scritto, in una nota musicale.
L'uomo saggio sa che solo passeggiando sui sentieri dell'Armonia è possibile tendere alla Perfezione. Senza raggiungerla mai. Perchè la perfezione non si può raggiungere.
La perfezione non può, anzi non deve, essere una meta.
La perfezione deve essere una tendenza, un anelito.
Cos'è la perfezione? Per un artista classicista, è l'equilibrio della forma. Per un artista contemporaneo, è l'imperfezione del gesto d'arte. Per uno scrittore, è il romanzo completo nello stile e nel contenuto. Per un poeta, è una poesia che emoziona. Per un musicista, è il suono di uno strumento o di una orchestra. Per un cantante, è l'acuto inimitabile.
Per l'uomo saggio, la perfezione non può che essere l'armonia. La ricerca della perfezione, la tendenza alla perfezione, non può che realizzarsi nell'armonia: tra il suo spirito e il suo corpo, tra il suo IO e gli altri, tra lui e la natura.
Armonia non significa ordine. L'uomo saggio non deve tendere all'ordine, quello è compito dei politici (anzi, dei politicanti): le dittature erano l'impero dell'ordine, eppure non vi era in esse un briciolo di armonia. Stesso dicasi per le liberaldemocrazie capitaliste: ordinate e disarmoniche.
L'armonia è in un gesto, in un suono, in un respiro, in un bacio, in un pranzo, in un soffio di vento, in uno scritto, in una nota musicale.
L'uomo saggio sa che solo passeggiando sui sentieri dell'Armonia è possibile tendere alla Perfezione. Senza raggiungerla mai. Perchè la perfezione non si può raggiungere.
La perfezione non può, anzi non deve, essere una meta.
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